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Conciliazione tempi di vita/lavoro: nuovo allarme dall’Istat

L’Istat ha presentato ieri i dati relativi allo studio sulla Conciliazione tra lavoro e famiglia nel 2018 realizzato sulla base dei dati del modulo ad hoc europeo “Reconciliation between work and family life” inserito nella Rilevazione sulle forze di Lavoro nel 2018.

Durante lo scorso anno, sono state complessivamente 12 milioni 746 mila le persone tra i 18 e i 64 anni, il 34,6% della popolazione, che si sono prese cura dei figli minori di 15 anni o di parenti malati, disabili o anziani.

Ad essere più penalizzate nei servizi di cura e famiglia sono sempre le donne. Nel 2018, tra le donne rientranti nel campione di riferimento (18 – 64 anni) che hanno avuto almeno un figlio nel corso della vita, quasi il 50% tra le occupate o le ex occupate hanno dovuto interrompere l’attività lavorativa per almeno un mese continuativo allo scopo di prendersi cura dei figli piccoli. La percentuale è più alta al Nord, il 61,6% e tra le donne con almeno la laurea il 71,8%, dato questo influenzato dalla maggiore occupazione delle donne nel Nord del nostro Paese rispetto al meridione.

Il divario viene riscontrato anche tra Italia ed Europa: mentre nel nostro Paese abbiamo una percentuale di donne con almeno un figlio che non ha mai lavorato dell’11% la media europea è del 3,7%.

 

Le donne sono sempre più quelle costrette a scendere a compromessi: la riduzione dell’orario di lavoro riguarda il 24% delle madri lavoratrici contro il 3,2% dei padri, se l’1,7% delle madri ricorre al congedo parentale, solo lo 0,5% dei padri. Nel complesso il 38% delle madri ha dovuto modificare aspetti professionali per conciliare lavoro e famiglia rispetto al 12% degli uomini.

 

La conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di vita familiare, il work life balance, risulta difficoltosa per più di un terzo degli occupati, il 35,1%, con responsabilità di cura nei confronti di figli.

Essere impegnati in un’attività lavorativa e allo stesso tempo dover prendersi cura di figli piccoli o parenti non autosufficienti comporta una modulazione dei tempi da dedicare al lavoro e alla famiglia che può riflettersi sulla partecipazione degli individui al mercato del lavoro, soprattutto delle donne, le quali hanno culturalmente un maggiore carico di tali responsabilità.

 

I servizi alle famiglie sono inadeguati: le strutture pubbliche sono spesso insufficienti e quelle private troppo costose.

Rimangono i parenti come vero ammortizzatore sociale e assistenziale del nostro Paese: il 21% delle famiglie ricorre all’aiuto dei parenti nella gestione dei figli e il 17% si divide tra servizi (sia pubblici sia privati) e familiari.